per chi come me è appassionato di letteratura russa il titolo dell' articolo di oggi dovrebbe farvi venire in mente Gogol... Ebbene, il mio post sarà dedicato ad un must have di questo autunno - inverno (è un capo che non può assolutamente mancare nel mio armadio): IL CAPPOTTO.
Giornale di moda anni 1950 |
Quest'anno la moda è tutta incentrata su un revival anni '70.
Chi ha vissuto in quel periodo dovrebbe ricordarsi che soprabiti si usavano...
Ma andiamo per ordine!
Come ben sapete, oltre a pubblicare i miei outfit, scelgo sempre la via "più complicata", ossia capire cosa andrò ad indossare e perchè proprio quel particolare capo di abbigliamento!
Che cos'è il cappotto?
Il CAPPOTTO, il cui nome deriva da “cappa“, o noto anche con
il termine francese di "paletot", è un pesante soprabito invernale con il
quale ci ripariamo dal freddo.
Generalmente confezionato con tessuto di lana, può essere
anche sostituito da pelliccia o da pelle.
Da dove ha origine?
I
modelli di cappotto che rappresentano lo standard di riferimento attuale per il
guardaroba classico, sono nati nel corso del XIX secolo.
Inizialmente c'era il PALETOT, o paltò, capospalla ispirato ai giacconi dei marinai, comparso alla metà dell’Ottocento, rappresentava la vera
novità del periodo romantico borghese. Criticato dai giornali di moda perché
rozzo e sgraziato, all'inizio era indossato dai più giovani negli
ambienti borghesi con intento trasgressivo. Si presentava come un comodo
giaccone di linea diritta, paletot a sacco, realizzato in lana pesante,
foderato, lungo trequarti.
A sinistra un esempio di PALETOT |
In seguito il paletot assunse una linea più
aggraziata leggermente modellata in vita, simile alla redingote:
Il RIDING-COAT, era adottata
dai gentiluomini inglesi per cavalcare, arrivata in Francia nel 1728, si diffonde in tutta
Europa come redingote.
Lunga al polpaccio e di linea aderente al busto e ampia
nella parte inferiore, è caratterizzata dalla totale mancanza di ricami e dalla
presenza di un doppio bavero a due petti sovrapposti con altrettante file di
bottoni. Indossato sopra l’abito, viene prodotto con tessuti di lana e il suo significato era l’espressione delle nuove idee illuministe.
La versione femminile della
redingote, apparsa durante il periodo della Rivoluzione Francese, si presenta
come una sopravveste con corpetto attillato e lunga gonna con falde spostate
sul dietro; la parte superiore manteneva i vistosi dettagli del modello maschile:
allacciatura mono o doppiopetto, grandi bottoni, uno o più colletti
sovrapposti; nella versione blu con colletto a revers rossi e fichiù bianco,
esprime l’appartenenza alle idee della rivoluzione.
Esempio femminile di Riding-Coat o REDINGOTE |
Il
paletot-pardessus, in genere doppiopetto con tasche trasversali sulle anche,
presentava revers e risvolti ai polsi di velluto o di seta matelassé.
In seguito c'è stato il RAGLAN, cappotto-mantello dalla linea ampia, caratterizzato dalle
maniche attaccate da cuciture disposte a raggiera dalla base del collo; prende
il nome da Lord Raglan, comandante delle truppe britanniche nella guerra di
Crimea (siamo nel 1854). Il termine è rimasto ad indicare la forma di manica con
tagli diagonali dall’ascella allo scollo, frequentemente utilizzato nei
cappotti da uomo per la praticità di movimento.
Esempio di RAGLAN |
Dopo... il BRITISH WARM, denominato dagli inglesi british warm
overcoat, era in origine il cappotto militare utilizzato dagli ufficiali
britannici durante la Prima Guerra Mondiale.
Veniva realizzato in spessa lana
melton, lungo fin sotto il ginocchio, mono o doppiopetto, con grandi tasche e
taschino, profondi revers, mostrine e bottoni in cuoio.
Il modello civile, che ricorda il trench, viene ancora prodotto da
molti marchi nelle versioni femminile e maschile, per il guardaroba invernale
classico.
Esempio di BRITISH WARM OVERCOAT |
Il COVERT originariamente era un modello da equitazione e da caccia,
a ricordo di questa funzione rimane una grande tasca interna cucita all’altezza
della coscia sinistra.
Stretto e corto, assomiglia ad un Chesterfield
monopetto; è caratterizzato da quattro impunture parallele, dette railroading,
ai polsi e sul fondo. Realizzato in twill leggero, tessuto inglese di lana
chiamato covert, da cui il modello prende il nome, viene proposto solitamente
in marrone chiaro melange, con colletto in velluto marrone scuro.
Esempio di COVERT |
Il
CHESTERFIELD, cappotto di medio peso del XIX secolo, deve
il nome all’omonima famiglia di conti del nord dell’Inghilterra. Il modello più
noto è un monopetto in lana grigia a spina di pesce, diritto o leggermente
modellato, senza cintura, con abbottonatura nascosta, colletto applicato in
velluto nero e revers, tasche con pattina e taschino. Divenne presto un
classico di riferimento per varianti maschili e femminili, nei colori beige,
blu o nero.
Esempio di CHESTERFIELD |
Il BROOKS BROTHERS prende il nome dall’omonima azienda fondata a
New York nel 1918, che importò il modello dall’Inghilterra. È un classico
americano degli anni Trenta e Quaranta, di linea sobria ed equilibrata,
piuttosto elegante, rimasto immutato da cinquant’anni. Doppiopetto con ampi
revers impunturati, spalle segnate e grandi tasche applicate gli conferiscono
una nota sportiva, la cintura può essere sostituita dalla martingala.
Il cappotto si è evoluto ancora nei modelli:
L’HAVELOCK, nato verso la metà del XIX secolo, deve il suo
nome al generale britannico Sir Henry Havelock che lo rese popolare.
Esempio di HAVELOCK |
Il MONTGOMERY è un
cappotto corto di origine inglese, duffel coat, già in dotazione della Royal
Navy come ottima protezione contro il vento e le intemperie.
Fu reso popolare
durante la seconda guerra mondiale, dal generale britannico B. L. Montgomery,
che usava indossare il duffle-coat e a cui è stato dato il nome.
Esempio di MONTGOMERY |
Il
cappotto LODEN prende il nome dall’omonimo tessuto prodotto con lana di pecora
dal caratteristico pelo inclinato.
Il tessuto loden, grosso e pesante, viene
sottoposto a follatura e cardatura ed è in grado di assorbire molta umidità.
Fabbricato originariamente nel Tirolo austriaco, nel Medioevo era l’indumento
distintivo di pastori e contadini; in seguito fu adottato dall’aristocrazia
austriaca per le divise da caccia.
Il
cappotto ALLA COSACCA, ispirato alle uniformi dei soldati russi, con alti colli di pelliccia, preferibilmente astrakan nero o grigio
chiaro mentre il manicotto rotondo in pelliccia appeso al collo con un nastro, doveva essere presente nell'armadio. Alla fine degli anni Sessanta Yves Saint-Laurent prese ispirazione dallo stile della Russia zarista, riportata alla memoria dal film Il Dottor
Zivago.
Esempio femminile di CAPPOTTO ALLA COSACCA |
I cappotti femminili degli anni Trenta, si ispiravano ai
modelli della haute couture parigina e alla moda delle star di Hollywood, ma
venivano realizzati nei piccoli laboratori di sartoria o acquistati nei grandi
magazzini a buon mercato. Realizzati in materiali poco costosi, con piccoli
dettagli sartoriali, accessori e mercerie di recupero, permettevano una certa
eleganza a basso costo.
Agli
inizi degli anni Cinquanta, il cappotto delle signore tornò ad assumere una
silhouette più femminile con maniche ampie ad attaccatura bassa; inizialmente
lungo al polpaccio, successivamente venne accorciato. Christian
Dior lanciò un cappotto sagomato a redingote da indossare sulla gonna a
corolla. Nel 1952, abbinato alla linea sinuose, introdusse una martingala
all’altezza della vita che donava al cappotto una linea tipica da giacca. Nel
1957 i cappotti diventano particolarmente voluminosi
Esempio femminile di cappotti anni 1950 |
Negli
anni Sessanta, ad una ritrovata geometria delle linee, diritte o a trapezio,
fece riscontro il gioco del colore per mini cappottini diritti o redingote,
corti sopra il ginocchio, creati, al seguito della minigonna, per la nuova
donna bambina. In Francia la moda futurista di André Courrèges ne interpretò lo
spirito, fondendo per primo lo stile di strada con l’alta moda. Nella
collezione Couture Future, del 1969, caratterizzata da tessuti corposi, tagli
rigorosi, forme staccate dal corpo, i piccoli cappottini erano abbinati a
stivali alti e caschi in stile spaziale. Paco Rabanne, Guy Laroche, Pierre
Cardin, assieme al giovane Yves Saint-Laurent in Francia e Roberto Cappucci in
Italia, adattarono la loro creatività agli stili giovanili, utilizzando
materiali inconsueti come plastiche, alluminio, plexiglas per creazioni dalle
forme geometriche, colori puri ed effetti optical.
Esempio femminile di cappotto anni 1960 |
Anche la moda degli anni
Settanta nacque all’insegna della gioventù, in sinergia con l’arte, la
ribellione e la sperimentazione. La moda non aveva più regole, all’anti-fashion
e alla frammentazione degli stili, si contrapponeva la moda ufficiale della
classe media, che attinse non più solo alla moda di strada, ma allargò i propri
orizzonti ispirandosi dalla cultura giovanile americana, alla musica
anglosassone, al cinema, alla discoteca. La tendenza all’unisex portò sulle passerelle il look uniforme per lui e lei: cappotti midi e maxi accanto a trench, giacconi e blouson. Alcuni stilisti trassero origine dal sentimento pacifista che si opponeva ai conflitti in atto per le loro creazioni d’ispirazione militare: cappotti doppiopetto di linea aderente, modellati al torace, con revers a lancia, lunghezze maxi con spacchi alti e profondi piegoni.
Esempio femminile di cappotto anni 1970 |
Fino ad arrivare ai giorni nostri con una scelta così varia da non saper dove metterli tutti!
Le proposte dei brand sono tante, ma preferisco lasciarvi alla scoperta dei miei outfit con must have! Io personalmente uso solo cappotti non porto nè giubbotti nè poncho. Cappotti di qualsiasi misura! Sono pratici sia nel quotidiano che per una serata elegante e particolare!
Locandina pubblicitaria di cappotti |
Colorati, disegnati, basic, di pelle o di finta pelliccia....
Il cappotto rispecchia la donna che non vuole passare inosservata per la sua distinta classe.
E tu, quale capospalla preferisci? LASCIA UN COMMENTO.
Vi ricordo che potete sempre cliccare sulle immagini per ingrandirle.
Fashion Photographer: Angelus Dei
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